Due Chiacchiere con Yaryna
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Due Chiacchiere con Yaryna


Giovane giornalista e scrittrice di origine ucraina, attualmente residente a Milano, Yaryna Grusha Possamai è molto attiva nella diffusione della cultura ucraina e soprattutto nel sensibilizzare l’attuale situazione di conflitto in cui vive il suo Paese.


Sono felice che abbia accettato l’invito per questa chiacchierata perché l’intento di questo blog è di parlare di temi di attualità e di raccontare tra donne ciò che sta accadendo nel mondo.


La storia non è solo quella scritta sui libri di scuola o raccontata dai telegiornali, quella più autentica si conosce meglio da chi l’ha vissuta o la sta vivendo ancora oggi.





Grazie Mariachiara per questo invito, perché noi donne abbiamo sempre bisogno di spazio! E quello che fai è giusto farlo anche per le tue figlie. Soprattutto perché al momento stiamo vivendo in un periodo in cui sembra di tornare indietro, anche con i nostri diritti. La storia purtroppo si ripete e lo vedo anche nella guerra dell’Ucraina, in cui mi sembra di tornare indietro di 100 anni quando c’è stata la rivoluzione di Ottobre tra il 1917 e il 1921 quando l’Ucraina ha cercato la sua indipendenza. Sembra che siamo ancora qui combattendo per le stesse libertà. È assurdo. Io, che sono nipote di un bisnonno ucciso dai Russi, mi ritrovo nello stesso pericolo di perdere i miei genitori uccisi dai Russi.

In Europa ci autoelogiamo di avere la democrazia e di aver fatto grandi progressi, ma i veri progressi, se ci pensiamo bene, sono ben pochi dopo la Seconda guerra mondiale.



Grazie Yaryna. Mi trovi d’accordo nel dire che la storia si ripete e che abbiamo imparato poco o nulla. La storia va conosciuta con le sue luci, ma anche con le sue ombre, perché diventi maestra. Proprio per questo è importante parlarne anche tra noi donne. Ed eccoci qui!



Oggi sei docente di Lingua e Letteratura Ucraina presso l’Università degli Studi di Milano, scrivi e dirigi per Linkiesta una testata in ucraino che si intitola Slava Evropi e scrivi anche per il quotidiano Repubblica. Ci racconti come sei arrivata in Italia e come è stato il primo impatto con il nostro Paese?


Sono arrivata in Italia per la prima volta nel 1995 con il gruppo “I bambini di Cernobyl”. Sono nata nel 1986 a luglio e sono subito sfollata con i miei genitori. Siamo scappati, perché le autorità non hanno avvertito nessuno di quello che stava succedendo. I miei vivevano ad una sessantina di chilometri dalla centrale nucleare in linea d’aria; sono scappati due settimane dopo lo scoppio. Mia mamma era al settimo mese di gravidanza ed io sono nata a luglio, al confine con la Moldavia, a casa della mia bisnonna. Siamo rientrati a casa a fine agosto, perché i miei genitori dovevano tornare a lavorare. Erano due insegnanti. Negli anni Novanta era stato aperto questo programma di assistenza, di far venire i bambini nelle famiglie italiane. Dal 1995 in poi venivo in Italia ogni estate. Nel 1997 ho conosciuto il mio futuro marito e poi mi sono dedicata agli studi. Ho studiato italiano e letteratura italiana all’Università. Nel 2015 mi sono trasferita definitivamente. Per me da febbraio 2022 è diventato più difficile vivere in Italia, in quanto mi sento lontana dai miei genitori, dai quali per settimane non ho avuto notizie dall’inizio del conflitto. Prima avevo dei piani per il futuro, ma da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, mi è sempre più difficile. Soprattutto mi devo scontrare ogni giorno con un certo dibattito italiano che a volte esagera. Per fortuna ho tanti amici e grazie alla mia famiglia italiana riesco a resistere.



Hai redatto numerosi articoli riguardanti la difficile situazione del conflitto ucraino. Ci racconti com’ è adesso la situazione? Sei riuscita a tornare in questi mesi?


I miei genitori sono rimasti lì. Non hanno mai voluto andare via. Adesso sono nelle zone liberate, anche se nelle ultime settimane la situazione è molto pericolosa perché i missili verso la capitale vengono sparati dalla Bielorussia. Loro vedono quando certe volte i missili vengono abbattuti dalla contraerea Ucraina cadendo nei campi, però è sempre un pericolo. Poi passano giornate senza elettricità, perché la Russa ha distrutto le infrastrutture e devono razionare l’energia elettrica. Io sono tornata da loro quest’estate, per due settimane. È stato un viaggio molto lungo; tramite la Polonia, mi sono fermata a dormire in vari posti. Oltre che faticoso fisicamente, è stato un viaggio moralmente molto difficoltoso, vedere i posti e le città e capire la prospettiva del paese che vivrà questa pausa a lungo…ma la nostra vita va avanti. Io non ho ancora figli, ma i miei amici che li hanno, hanno preso delle scelte per i figli e nel frattempo né loro, né i figli hanno una vita normale. Perché o sono sfollati / rifugiati o vivono nelle città sotto le sirene. Questa non è una vita normale. I miei genitori fortunatamente sono forti e si sono sempre arrangiati. Resistono!






Ci racconteresti della cultura ucraina, in particolare del ruolo della donna. Quali differenze hai notato con l’Italia?


Ho sempre visto la donna Ucraina come una donna molto forte. Anche le donne che vengono in Italia da sole vengono per lavorare, per fare mestieri umili come le badanti. Sono la forza motrice dell’Ucraina. Anche se la società sembra una società patriarcale, in realtà sono state sempre le donne a smuovere e a mandare avanti tutto, anche non ricoprendo ruoli importanti o rilevanti, ma sono state la forza che ha mandato avanti il Paese. Adesso la situazione è cambiata, per esempio le donne sono 15% dell’esercito ucraino. Le donne ucraine han dovuto reinventarsi nuovi ruoli. C’è chi si è dedicato al volontariato, oppure conduce un’azienda familiare che costruisce scarpe, molto famosa in Ucraina; ora producono scarponi per i militari. Una mia cara amica scrittrice, conoscendo bene l’inglese, lo usa per far arrivare aiuti e medicinali; mette in contatto le associazioni. Visto che gli uomini adesso sono per la maggior parte al fronte e nelle retrovie sono rimaste le donne con i figli, sono loro che portano avanti tutto. Sono una forza molto importante nel combattere questa guerra. Come in Italia, anche qui, ma forse un po’ di più, la tradizione di famiglia è molto radicata. C’è ancora poco spazio per le donne in carriera. Spero che questa situazione possa cambiare. Al giorno d’oggi la donna non ha più bisogno di un marito per mantenersi, può essere finanziariamente indipendente e anche se diventa mamma, non per questo smette d’essere una brava professionista, anzi! Il modo di come gestire i ruoli di una famiglia, piano piano stanno cambiando anche in Ucraina.



So che hai pubblicato recentemente un libro, che cosa ti auguri per il futuro, oltre ovviamente ad una fine imminente della guerra e al ritorno della pace per il tuo popolo? Hai un tuo sogno che vorresti realizzare?


A settembre ho fatto pubblicare un’antologia di poeti ucraini, insieme ad Alessandro Achilli. Abbiamo tradotto in italiano 40 poeti e 88 poesie, un’antologia ampia di 40 anni di poesie. Adesso stiamo lavorando sempre insieme ad un’altra antologia sui testi di Kyjiv, la capitale. Uscirà a febbraio 2023.

Già quando mi parli di “futuro” per me è diventata una parola illusoria, perché con la testa riesco ad arrivare a domani, forse a dopo domani, ma non oltre. L’importante adesso è quello che sto facendo ogni giorno, diffondere la cultura ucraina in Italia e farla conoscere il più possibile per spiegare le ragioni della resistenza ucraina e spiegare che questa guerra del 2022 in realtà è una guerra secolare e che se oggi non finisce con il nemico respinto fuori dai territori ucraini, può tornare tra qualche anno. Le nuove generazioni ucraine sarebbero compromesse come lo siamo stati noi. Più andiamo a diffondere la cultura e spiegare la nostra storia, più eviteremo il peggio per il futuro.

Divulgare la cultura, la storia è l’unica arma che noi abbiamo in mano ed è quello che sto provando a fare ogni giorno.

I sogni si sono ricalibrati in fretta, da un momento all’altro. Se prima sognavo di andare a visitare una nuova città o prendermi una cosa o sistemare la casa…, purtroppo tutto questo non ha più senso quando capisci che potresti diventare improvvisamente orfana, senza mai più vedere i tuoi genitori e senza mai più sapere la loro fine. Tutta la tua tradizione, la tua famiglia può svanire ad un tratto. Non so per quanto tempo non potrò tornare a casa mia in Ucraina. I sogni sono diventati ben diversi.

Nel mio piccolo spero di far arrivare un po’ di consapevolezza in più, e ti ringrazio di questa occasione per parlarne anche nel tuo blog. La mattina quando entro in un bar per prendere un caffè e sento che i problemi sono quanto costerà quest’anno lo skipass per andare a sciare, quando vicino a noi ci sono persone, come appunto i miei genitori, o i mei amici in Ucraina che non sanno se e come passeranno l’inverno perché non avranno nemmeno energia elettrica sufficiente per riscaldarsi …, allora il caffè diventa amaro anche lo zucchero.

Sensibilizzare, raccontare, far conoscere problemi veri e amari, è il minimo che posso fare mentre sono seduta su questa scrivania, al caldo, in un paese in cui ho la fortuna di vivere, dove non suonano sirene e da dove non devo fuggire abbandonando tutto, anche la proprietà più preziosa, gli affetti. Molte di noi danno per scontate tante situazioni, che nel nostro mondo non sono sempre scontate. Ripensando a quanto sta scritto sopra, chiedo che ogni tanto sia utile fermarsi e pensare agli altri. E’ da ritenersi fortunati e se avremo l’occasione di aiutare donando un briciolo di serenità a chi non conosce più questa parola. Nel mio piccolo ci provo e sto cercando di crescere anche le mie figlie con questi valori. Il potere di un piccolo gesto affettuoso è magico!



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